Attraversare con il proprio corpo lo spazio pubblico e le strade è un diritto e un privilegio. Scendere nelle piazze con cartelli e dichiarazioni, collettivizzare la propria apocalisse personale, vivere in un centro in cui esistono luoghi di aggregazione alternativi da poter abitare: tutto questo ha dato forma al mio personale bacino di idee e credenze, in cui mi sono rifugiata nell’implacabile desiderio di costruire un mondo diverso da quello che ci è stato consegnato. Un mondo marginale che, come ricorda bell hooks in uno dei saggi che compongono Elogio del margine, curato da Maria Nadotti, diventa «un luogo di radicale possibilità, uno spazio di resistenza».
Ai margini di questo mondo, ho conosciuto gli animali.
Il primo incontro è stato mediato dalle pratiche visive e dell’arte cosiddetta socialmente impegnata. In particolare, è avvenuto a RAVE East Village Artist Residency, metaprogetto ideato dalle artiste e attiviste Isabella Pers e Tiziana Pers, che prende vita in uno spazio altro, alternativo, utopico, dove l* artist* e le persone che lo attraversano – curator*, scienziat*, filosof*, architett* – sono ospiti di un santuario in cui vivono animali salvati dal macello o da altre situazioni di sfruttamento tramite la lente di Art_History, pratica in fieri di Tiziana Pers, artista e attivista per cui i dipinti diventano aperture all’altro e cardine della lotta politica nello spazio pubblico.
Durante la residenza di Nada Prlja, di cui quest’articolo vuole offrire un racconto incarcato, succedeva che a Sairano, in provincia di Pavia, venivano brutalmente uccisi 9 maiali (Crusca, Bartolomeo, Carolina, Crosta, Spino, Pumba, Dorothy, Ursula e Mercoledì) all’interno di un rifugio per animali salvati chiamato Progetto Cuori Liberi. L’abuso di potere perpetuato da parte delle forze dell’ordine nei confronti degli ultimi, gli animali, si è espanso fino a toccare voci e corpi di attiviste e attivisti presenti sul luogo, mossi dall’intento di impedire all’Asl di entrare nel santuario. Facendo luce sull’intersezionalità esistente tra le diverse forme di oppressione e dominio, assunto centrale della ricerca di Tiziana Pers, l’artista ha realizzato 9 ritratti, uno per ogni maiale, portati in piazza durante le manifestazioni successive all’avvenimento. Così facendo, ha partecipato alle giornate di Milano e Roma tramite la presenza di altre persone attive nei luoghi di interesse. Questo inciso vuole far emergere una sincronicità esistente, un guardarsi e riconoscersi: la serie di ritratti Hands Off Sanctuaries! Sairano, Italy 20/09/2023 ha in comune con il lavoro che Prlja ha sviluppato per RAVE, oltre che una contingenza temporale, il potenziamento di una voce negata e soppressa, cancellata e nascosta, che si riappropria di uno spazio collettivo e prende vita tramite una comunità di parentele interspecie.
Nel contesto rurale di RAVE, in un villaggio dell’est friulano, è nato il progetto di arte pubblica site-specific di Nada Prlja dal titolo I was born to fly – installazione già presentata nella sua forma più embrionale in occasione della mostra AAA Animal Among Animals. Towards the world to come a cura di Gabi Scardi e RAVE – che, durante la residenza di Prlja, si inserisce in uno spazio marginale occupandone gli interstizi: i buchi degli alberi, le vecchie vasche dove i pesci aspettavano la morte, l’angusta porcilaia; tornando a vivere in un tempo sospeso, postumo all’azione.
La pratica di Prlja, negli anni, ha guardato in maniera critica e militante a problematiche sociali e politiche della contemporaneità, come il nazionalismo, i diritti umani e le migrazioni. A questo discorso si intreccia una sua personale modalità di lavoro site-specific, in cui il territorio diventa materiale di sperimentazione fluida e liminale dove le opere accadono. Nell’intersezione con località e comunità specifiche, la sua ricerca si situa in un tempo e in uno spazio pubblico e politicizzato.
Prlja attraversa il confine, i margini dell’umanità, occupando uno spazio che non è mai neutro, ma si mostra intessuto di relazioni determinate dal contesto sociale, dal vissuto dei luoghi e dalle persone che li abitano. Nell’attraversare questi residui di mondo – per adottare la definizione cara a Gilles Clément di spazio residuale, inteso dall’autore come luogo derivante dal progressivo abbandono delle attività antropiche – la sua ricerca viene scandita dall’utilizzo di diversi media, scelti a partire dalla peculiarità di ogni progetto, spaziando dalla ricerca di matrice installativa alle performance, fino a toccare media più tradizionali quali disegno, pittura e scultura.
Con I was born to fly si rapporta all’animalità – intesa nel senso derridiano di animalità degli animali, per cui il filosofo conia il termine francese animot – varcando la soglia dell’antropocentrismo, avvicinando il suo sguardo ad altre esistenze, al soffio che accomuna animali non umani e animali umani. Per farlo dà vita, attraverso l’assenza come generatrice di significato, a una presenza destabilizzante: una moltitudine di animali, tra cui mucche, aragoste, galline, cavalli, maiali e topi, utilizzati nell’industria della carne, della pesca, della moda, dell’intrattenimento o per la sperimentazione, si riappropria del linguaggio, linea di demarcazione del pensiero che ha segnato la separazione tra Homo Sapiens e tutti gli altri animali, come se questi tutti potessero davvero essere visti come un insieme indistinto. Prija ricorda il loro essere plurale, i loro personali bisogni in quanto individui appartenenti a diverse specie, invitando a un cambio di prospettiva e all’ascolto.
Help me.
Do not eat me.
We don’t want to gain weight so fast.
I do not want to be part of your hormone replacement therapies.
I want to be able to turn around to see my children.
I want to live more than 42 days.
I am not the one for your toxicological experiments.
Do not wash my eyes with pesticides and detergents.
I was born to fly.
Immaginando la fine di una manifestazione multispecie, Prlja ha realizzato una serie di cartelli dipinti a olio, dove si leggono le scritte di cui sopra, adattando le dimensioni dei cartelli all’animale associato a ogni dichiarazione.
L’utilizzo del cartello come oggetto di rivolta politica decontestualizzato dal contesto di appartenenza era già stato ripreso da Prlja in Stop the War Against Immigrants I, installazione presentata in occasione di una personale dell’artista alla SC gallery di Zagabria, dove però i cartelli apparivano rotti, frammentati.
La parola, in entrambi i casi, diventa strumento di autocoscienza e riappropriazione della propria soggettività politica e, nel caso delle parole pronunciate dagli animali, si riprende lo spazio dell’esistenza per resistere al paradigma antropocentrico. L’occupazione del margine si riversa nell’utilizzo di più lingue: inglese, italiano, friulano e sloveno. Ai confini interspecie si intrecciano confini geografici, culturali e identitari, che anziché dividere tengono insieme una pluralità di vite, nell’idea che nessuna valga più di un’altra.